A 50 anni dalla "rivolta delle arance" Fondi con gli stessi problemi: un convegno per parlarne

Appuntamento sabato 2 febbraio al Castello. I momenti salienti di quelle giornate epiche ricostruite da Carlo Alberoni

24/01/2019
Comunicati Stampa
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Partendo dalla rivolta delle arance si arriverà a parlare dell'attualità e di come agricolatura e sanità siano ancora due problematiche drammaticamente attuali. 

E' questo il tema del convegno che si terrà sabato 2 febbraio, alle ore 18,00, presso il Castello Caetani.

Oltre al sindaco di Fondi, Salvatore De Meo, parteciperanno il direttore della Coldiretti locale, Lino Conti, in rappresentanza del PD, Domenico Di Resta e una rappresentanza del MOF e della Banca Popolare di Fondi. I cittadini sono invitati e si potrà intervenire al dibattito.

Così il giornalista Carlo Alberoni, nell'invitare la cittadinanza a partecipare al convegno, ricorda i momenti epici della battaglia delle arance:

Si veniva fuori da una preoccupante crisi economica dopo la gelata del 1956 che distrusse gli aranceti della piana. Poi la minaccia della chiusura dell’ospedale. Allora i partiti politici erano attivi, coinvolgenti. Il popolo partecipò sia alla prima occupazione dello scalo ferroviario del 30 novembre 1968, che tre mesi dopo il 3 febbraio 1969. Mentre la prima occupazione fu “sopportata” dalle forze dell’ordine, il giorno di san Biagio fu diverso. Molto diverso. Dalla mattinata centinaia di contadini, lavoratori, studenti avevano occupato i binari per reclamare maggiore considerazione per l’agricoltura del comprensorio. Tutto liscio fino alle ore 16,00 circa, si rideva, si raccontavano storie non solo agresti. Poi sul ponte che scavalcava la ferrovia lato Marangio fu notata una sorta di nuvola scura. Erano centinaia di poliziotti del reparto Celere di Roma.

Avanzarono lentamente, sembravano dei robot, erano dotati di scudi e indossavano caschi con visiera. Sperimentavano proprio a Fondi il materiale in plexiglass. Si disposero anche loro sui binari di fronte ai manifestanti che cercavano di colloquiare, di solidarizzate. Il buon Antonio Iannucci, un contadino che seguiva tutti i consigli comunali, anche in quella occasione tornò a ripetere: “Le purtuvaje stanne tutte pe terre, pussibele che nesciune ne po fa niente? Si udì uno squillo di tromba, forse due, ordine della carica. Antonio fu scaraventato sulla scarpata, il suo volto si ricoprì di sangue. Stessa sorte per tanti altri. Inutile alzare le mani in segno di resa, l’ordine era quello di menare e basta sperimentando anche il nuovo manganello. Tanti gli arrestati. A questo punto la gente reagì e la guerriglia si svolse nel centro cittadino, camionette che scorrazzavano, persone che venivano rincorse e picchiate dentro i portoni delle proprie case, automezzi della Polizia che però avevano difficoltà a transitare per via di barricate messe su alla meglio. I fermati furono portati presso la locale stazione dei Carabinieri e ci fu l’assalto da parte di alcuni fondani (PCI) che chiedevano la liberazione dei fermati.

L’ospedale di Fondi era in emergenza per le decine di feriti ricoverati, il prof. Mario Mosillo accoglieva e illustrava la situazione all’on. Pietro Ingrao il quale in Parlamento si impegnò a non far perseguire penalmente i 91 cittadini arrestati.

Una giornate epica, ricordevole, una delle ultime che fece venir fuori il carattere orgoglioso e coriaceo dei fondani decisi a reclamare ad ogni costo i propri diritti.

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