Giuseppe De Santis continua a far parlare: del suo cinema, della sua storia personale, culturale e politico-sociale. Dopo il recente libro di Paolo Speranza su “Riso amaro” (ed. Gremese), presentato in anteprima nazionale a Itri in apertura della XXI edizione del FONDIfilmFESTIVAL - Riviera d’Ulisse, è in preparazione il film-documentario “Un’altra Italia era possibile. Il cinema di Giuseppe De Santis”, scritto e diretto da Steve Della Casa, una co-produzione italo-francese promossa dalla Beetlefilm di Pierfrancesco Fiorenza e Andrea Lorusso Caputi in associazione con la Surf Film di Massimo Vigliar che curerà la distribuzione estera. Il film è sostenuto dal Ministero dei Beni culturali, dalla Film Commission Torino Piemonte e dalla Roma Lazio Film Commission.
Nella scheda di presentazione si fa riferimento alla “particolarità” del cinema neorealista di De Santis, sia per l’uso di strumenti e modalità di ripresa innovative che per lo stile di narrazione spettacolare che si innesta sul racconto del reale.
Si sottolinea inoltre la poetica desantisiana che, partendo dalle ferite postbelliche, illustra una nazione avviata verso lo sviluppo che porrà accanto a conquiste e progressi, distorsioni e arretramenti etico-culturali, fino al disfacimento coi fenomeni corruttivi; potendo così essere accostata alla forte denuncia di Pier Paolo Pasolini negli anni successivi.
Vengono infine evidenziate le forti resistenze della sua parte politica (il PCI), che lo additava di scarsa ortodossia espressiva, formale e sostanziale, tanto da portarlo all’isolamento fino a spegnere la sua voce a soli 48 anni, subito dopo “Italiani brava gente”. L’ultimo film del 1972, “Un apprezzato professionista di sicuro avvenire”, realizzato dopo quasi 20 anni di silenzio, è il frutto di un impegno economico produttivo personale e di amici che non lo avevano mai abbandonato; e anche questa sua opera definitiva, osteggiata ferocemente dalla censura e dalla stessa critica, è stata profetica per il racconto del disfacimento morale, al limite del paradosso, dell’Italia.
Gli ultimi 25 anni di vita, pur se escluso dal sistema produttivo cinematografico e televisivo, De Santis li ha comunque trascorsi nel costante fervore della scrittura, tanto da fargli affermare, durante la cerimonia di consegna del Leone d’oro alla carriera nel 1995, di voler essere ricordato più per i film che non aveva realizzato che per quelli che gli era stato possibile portare sugli schermi. E uno degli ultimi progetti, “Il permesso” – racconto dell’uscita dal carcere di un gruppo di terroriste, dopo tanti anni di detenzione, per assistere ad uno spettacolo teatrale –, pur avendo subito l’ennesimo e definitivo impedimento prima dell’inizio delle riprese, ha fornito lo spunto per opere successive di altri autori.
Il film-documentario per la regia di Steve Della Casa verrà girato in gran parte a Fondi, luogo di nascita e formazione di De Santis, oltre che scenario di due film fondamentali come “Non c’è pace tra gli ulivi” e “Giorni d’amore”. Altre riprese saranno effettuate sui luoghi di “Riso amaro”, così come sarà dedicato spazio alla fortuna che ancora oggi il cinema neorealista in generale e quello di De Santis in particolare incontra in Francia, con interviste a Parigi a Frédéric Bonnaud, Direttore Generale della Cinémathèque Française, e a Gerald Duchaussoy, Responsabile della sezione Cannes Classique del Festival transalpino.
Fondi, che ricorda e celebra senza interruzione la grandezza di Giuseppe De Santis, con incontri, pubblicazioni e festival, attendendo l’apertura del “Museo del Neorealismo”, è pronta ad accogliere la troupe con il sostegno che merita chi continua a occuparsi della straordinaria vicenda umana e artistica di uno dei suoi figli illustri.