Sono decenni che cerco di contrastare la teoria (falsamente attribuita a Machiavelli) secondo la quale i fini giustificano i mezzi. Perché è con questa teoria che si altera l’etica dei comportamenti, sia personali che politici. E sono decenni che cerco di diffondere, nel mio piccolo, la teoria secondo la quale i mezzi prefigurano i fini: mezzi cattivi non possono che conseguire fini cattivi.
Questa premessa per dire che se avessi voluto ingannare la fiducia di Don Gaetano Manzi sarebbe bastato non consegnargli in anteprima il testo del mio saluto a Benito Di Fazio. Invece, alla sua richiesta di poter leggere preventivamente il testo non ho opposto alcuna obiezione. E quando, alcuni minuti dopo, mi ha chiesto di togliere dal discorso la parte che riguardava la vita politica di Benito, gli ho opposto con molta cortesia il mio rifiuto. Di fronte alla sua insistenza l’ho tranquillizzato dicendogli che non avrei letto l’intervento in chiesa e che, semmai, avrei concordato con la famiglia di leggerlo all’uscita dalla chiesa.
Nel frattempo sono accadute cose che hanno modificato la situazione. Innanzitutto la famiglia mi ha fatto sapere che era suo desiderio che la commemorazione fosse fatta all’interno della chiesa, aggiungendo l’esplicita richiesta di invitare il pubblico a non applaudire né durante la lettura del saluto né dopo, ma di far seguire al discorso un minuto di silenzio e di raccoglimento. Richiesta che infatti ho esplicitato all’inizio del mio intervento. Ma non è tutto. A mano a mano che si diffondeva la notizia che il sacerdote aveva opposto obiezioni alla lettura del testo montava tra molti una reazione che diventava difficile da gestire e che andava a tutti i costi evitata, soprattutto per rispetto al dolore dei parenti.
Alcuni avevano minacciato di salire sull’altare e prendere la parola, con o senza microfono, altri avevano proposto di scandire a voce alta la richiesta del discorso e c’è stato chi si è impossessato del testo per andarlo a leggere di forza. E’ stato a questo punto che, dopo il momento liturgico della comunione, ho avvicinato l’assistente del parroco per chiedergli di riferire a Don Gaetano che si era creata una situazione di tensione e che era opportuno che io pronunciassi il mio discorso. Subito dopo il sacerdote mi ha invitato a prendere la parola. Peraltro, anche se avessi voluto eliminare qualche passaggio presente nel testo, la tempistica degli eventi non me lo avrebbe consentito. Il resto è cosa ormai risaputa.