"Armando, io ti voglio bene ma io prendo 1300 euro al mese" e "vado a rischiare il culo per te". In queste due frasi c'è tutto il senso di frustrazione, disagio e consapevolezza con i quali si vive all'interno dell'amministrazione di Sperlonga. Sono parole pronunciate da due dipendenti comunali consapevoli che le richieste che venivano fatte loro da Cusani erano contrarie alla legge, ma al tempo stesso terrorizzati delle conseguenze che sarebbero seguite in caso di rifiuto. Cusani, sia da sindaco che da semplice cittadino, esercitava un controllo totale sugli uffici e sui dipendenti comunali, che lavoravano costantemente in un clima di soggezione misto all’ansia di dover eseguire ordini spesso ai limiti della legalità. In un altro passaggio contenuto nelle carte dell'inchiesta si legge di un dipendente comunale che ha paura di dire no a Cusani perché "a me mi toglie e mi manda a lavorare a 6 mesi un'altra volta".
La realtà che emerge da queste intercettazioni preoccupa ma non stupisce, perché tutti sanno che a Sperlonga nulla accade e nulla si muove senza che Cusani ne sia a conoscenza. E questo, indipendentemente dall’incarico ricoperto. Un'intera amministrazione comunale è asservita ai voleri di Armando Cusani, anche quando non ricopre la carica di sindaco, anche quando è stato sospeso dalle funzioni per effetto della legge Severino, anche quando il sindaco è qualcun altro. Cusani ordina e i dipendenti devono eseguire e non importa che si tratti di cose contrarie alla legge, perché a Sperlonga è lui a dettare legge, direttamente o indirettamente. Nessuno osa contraddirlo. Il rischio è quello di subire lo stesso trattamento dell'ex comandante dei vigili urbani, Paola Ciccarelli, rimossa e poi licenziata da Cusani proprio per aver opposto un rifiuto alle sue richieste. E così accade che in piena campagna elettorale gli uffici chiudano perché "è un periodo delicato" e i dipendenti devono concludere tutte quelle pratiche, magari rimaste da anni nei cassetti, che servono a Cusani per ottenere consenso elettorale. La campagna elettorale è il momento giusto per dare risposta ai cittadini che da anni aspettano di veder riconosciuto un loro diritto, facendolo passare per un favore.
È questo il quadro inquietante che emerge dalle carte dell'inchiesta condotta dalla procura di Latina: un intero paese sotto controllo, un’amministrazione sottomessa agli ordini di Cusani e dipendenti comunali costretti ad eseguire i suoi ordini, pur essendo consapevoli di muoversi ai limiti della legalità. Questo materiale, sotto il profilo delle responsabilità penali, sarà oggetto della valutazione dei giudici, ma il dato politico rimane: la realtà che emerge dalle intercettazioni, con le parole di chi ha vissuto questa realtà, e la gravità di certe affermazioni non possono essere cancellate.
Questa classe politica deve andare a casa e chiedere scusa ai cittadini, anche se le scuse non saranno mai sufficienti a compensare i danni causati al nostro paese e alla nostra comunità.